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Mobile Workers: nuove forme di produttività con qualche rischio

Su 22 milioni di occupati, i mobile workers in Italia prima dell’emergenza Covid-19 erano circa 7 milioni (nel 2013 erano 1,2 milioni). Un dato piuttosto considerevole, così come la sua crescita: ma oggi quanti di noi stanno lavorando in smart working? Abbiamo forse bruciato per necessità le tappe? Secondo le proiezioni di IDC, entro il 2022 in condizioni normali avrebbero raggiunto quota 10 milioni.

Già in precedenza questi importanti numeri avevano portato le imprese ad adeguarsi,
nel tempo, ricorrendo a nuovi strumenti in grado di soddisfare da un lato le esigenze dei lavoratori, dall’altro le proprie. In entrambi i casi, è stato necessario attuare un vero e proprio cambio culturale: sempre più persone controllano le proprie e-mail in mobilità, condividono file sui server aziendali in mobilità, attraverso smartphone, tablet o pc. Si uniscono a call conferenze e condividono presentazioni o documenti da remoto: e non sempre tutto questo viene fatto tramite dispositivi aziendali. In molti casi saranno utilizzati strumenti personali (in modalità Bring Your Own Device, BYOD), l’estrema frontiera dello smart working che tuttavia richiede alcuni accorgimenti da parte dell’azienda, primo fra tutti la gestione della sicurezza dei dati. Questo è ancor più valido oggi, in piena emergenza, in un momento in cui i mobile Workers garantiscono in molti casi la continuità operativa delle aziende e lo smart working risulta essere l’unica tipologia di lavoro possibile.

Lavorare da remoto: il problema della cybersecurity al tempo dei mobile workers

Lavorare dall’esterno dell’azienda, con dispositivi aziendali o personali, mette il lavoratore in una condizione di potenziale rischio. Se da un lato esistono una serie di vantaggi oggettivi legati allo smart working, dall’altro si può incorrere facilmente in minacce relative alla sicurezza dei dispositivi e delle reti. La sicurezza dei dati è una priorità che può essere di difficile garanzia perfino all’interno delle mura aziendali.

È piuttosto evidente, tuttavia, che a livello globale il rischio si amplifica con l’utilizzo di reti domestiche, potenzialmente utilizzate dai mobile workers, che sovente risultano facilmente violabili. Un potenziale pericolo presente anche all’interno dei confini aziendali, quando si utilizzano reti esterne rispetto a quelle gestite da una connessione Wi-Fi ufficialmente predisposta.

Le minacce provengono da varie parti: applicazioni infette, reti Wi-Fi pubbliche, livelli di sicurezza bassi o attacchi di phishing e messaggi dannosi ai sistemi. I rischi sono reali specie se si considera che l’utilizzo dello smart working è sempre più richiesto e praticato.

Per le aziende è dunque il momento più propizio per convertire una potenziale criticità in una opportunità. Oggi per necessità siamo stati proiettati in un futuro sempre più digitale e interconnesso, gli strumenti a disposizione non mancano, ma l’opportunità sta nell’investire in metodologie di rinnovamento che leghino la formazione alla protezione: per creare una cultura digitale diffusa.

Sicurezza in azienda: gli accorgimenti per proteggere i dati e le reti aziendali

Appare evidente che nessuna azienda, sia essa piccola o grande, oggi possa permettersi di ignorare gli aspetti relativi alla sicurezza. Specie in uno scenario sempre più orientato al ricorso di mobile workers. Secondo il rapporto Clusit 2019 sulla sicurezza ICT in Italia, la frequenza di cybercrimini nei confronti delle imprese è in costante crescita, anno dopo anno: si passa infatti dai 526 casi gravi del 2014 ai 1.232 del 2018, con un deciso aumento tendenziale a partire dal 2017.

Un trend di questo tipo cosa suggerisce? Senza dubbio induce alla formazione di una particolare sensibilità nei confronti della sicurezza aziendale.

È necessario affidarsi a un hardware sicuro, partendo dalla scelta di una dotazione di rete affidabile, in grado di proteggere ogni dispositivo a essa connesso. E quindi dotarsi di protocolli di sicurezza di alto livello. Quindi è necessario proteggere le comunicazioni, come ad esempio evitare che le caselle e-mail vengano attaccate con strumenti di phishing, e anche in questo caso non mancano le opzioni in ambito cybersecurity.

Un’altra minaccia da considerare, piuttosto diffusa, è poi il ransomware, ovvero il ricorso a virus informatici che rendono inaccessibili i dati dei computer infettati e chiedono il pagamento di un riscatto per ripristinarli: esistono, per contrastare questo fenomeno, strumenti che “isolano” la minaccia prima che si diffonda.

In ultimo, è bene fare ricorso a protocolli di sicurezza per i siti web aziendali, ma soprattutto è necessario formare i dipendenti, un aspetto mai secondario. Se per ogni minaccia esistono soluzioni informatiche sviluppate per tutelare la sicurezza, la consapevolezza e l’attenzione dei dipendenti giocano un ruolo altrettanto importante, siano essi all’interno dell’azienda o in mobilità.

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