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Intelligenza artificiale e robot

«Ehi ciao, ho inventato Internet!». Si presenta così Sir Tim Berners-Lee sul palco di Las Vegas, ospite tra le ‘guru session’ del DellEMC World 2017. Si capisce immediatamente che l'inventore del World Wide Web, nonché direttore del World Wide Web Consortium (W3C) - l'ente che supervisiona l'evoluzione continua di internet - ha molte cose da dire, e parla in fretta per esporre al pubblico tutto ciò che ha dentro. Eppure, in mezz’ora sviscera a fondo il tema dell’intelligenza artificiale e “rincuora” il pubblico: «È già qui, non temete!»

Qualsiasi pc oggi infatti è di per sé intelligenza artificiale, e l’uomo sta cercando di far fare alle macchine tutto ciò che non ha voglia di fare, dice senza mezzi termini Berners-Lee. «Molti esseri umani sono solo dei segnaposto, stanno portando avanti un lavoro in attesa che un robot lo faccia al posto loro».  

Il padre del World Wide Web non usa tanti giri di parole e va dritto al punto nel descrivere un’epoca, quella attuale, in cui i computer non sono più programmati e codificati dall’uomo ma auto-apprendono. «E imparano a migliorare se stessi autonomamente, anche riscrivendo il codice, se necessario, per risolvere i problemi».

Per esempio, è già stato ampiamente dimostrato che è più efficiente che un computer impari da solo a giocare a un gioco, magari ‘osservando’ un essere umano, piuttosto che programmarlo a questo scopo. «La scrittura del codice necessaria a coprire tutti gli scenari possibili di un gioco sarebbe quasi impossibile e richiederebbe moltissimo tempo». Questo del gioco è solo uno degli scenari legati al futuro dell’intelligenza artificiale. Un futuro che, avverte Berners-Lee, potrebbe diventare molto pericoloso se, come esseri umani, ne perdessimo il controllo.

L’avanzata dei robot: serve un nuovo concetto di occupazione

Le auto a guida autonoma, le fabbriche automatizzate, i chatbot di customer service, gli assistenti digitali, i trattori intelligenti sono tutti esempi di ‘robotizzazione’ del lavoro che sull’economia avrà indubbiamente effetti positivi ma non altrettanto sull’occupazione». Oggi molte delle attività che sono state automatizzate dai computer e dai robot sono di scarso valore aggiunto, operazioni ripetitive e di ‘basso livello’. «Ma man mano che la tecnologia e l’intelligenza artificiale matureranno assisteremo a ‘funzioni robotizzate’ anche di medici, avvocati e giornalisti: a proposito di giornalismo, l’intelligenza artificiale sarà in grado di produrre da sola un perfetto sistema editoriale».    

Il cambiamento descritto dal fondatore di Internet è tutt’altro che fantascientifico; un recente studio del McKinsey Global Institute stima che entro il 2050/2055 oltre la metà delle attuali attività professionali gestite dall’uomo saranno oggetto di una forte automazione tecnologica, ossia ‘rimpiazzata’ (magari non in toto ma con alti livelli percentuali sulle singole attività) dalle macchine. «Sarà un cambiamento epocale che metterà ancora più in crisi i livelli di occupazione, facendo inevitabilmente perdere molti posti di lavoro. L’economia tutto sommato ne trarrà beneficio, perché la produttività crescerà, ma saranno sempre meno le persone occupate».   

Tutto questo naturalmente avrà enormi ripercussioni etico-sociali. «Dovremo riconsiderare il concetto di salario e capire come modellare un sistema incentrato su una sorta di stipendio universale: alcuni governi scandinavi stanno già valutando opzioni del genere. L’idea è molto interessante, ma la questione primaria sta nello stabilire nuove modalità di occupazione delle persone. Occupazione non necessariamente lavorativa. Dovremo trovare il modo di ‘tenere occupata’ una popolazione permanentemente disoccupata, e soprattutto capire le nuove regole sociali: come faremo a rispettare gli esseri umani che non lavoreranno?»

Nella visione di Berners-Lee la questione etica arriva a toccare anche il ruolo stesso delle macchine: «Ci sono modelli matematici che dimostrano che anche gli algoritmi sbagliano o emettono risultati ‘ingiusti’ quando si basano su dati generati dall’uomo. Pensiamo alla miriade di dati non strutturati che generiamo come utenti sui social e al differente ‘livello di qualità’ dei contenuti che creiamo e condividiamo. Come si può definire se un risultato sia giusto o ingiusto? Come può apprenderlo una macchina?»

Entro 50 anni l'intelligenza artificiale saprà evolvere se stessa

E la singolarità? «Si concretizzerà probabilmente entro i prossimi 50 anni e sicuramente dovremo trovare un modo per garantire e tutelare la nostra civiltà umana». Berners-Lee è quindi convinto che arriverà molto presto ‘quel’ momento in cui l’intelligenza artificiale sarà in grado di evolvere se stessa, di modificarsi e di accelerare il progresso tecnologico tanto da renderlo incontrollabile dall’uomo, che vedrebbe così trasformata la propria esistenza. Si verrebbe infatti a creare una super intelligenza, superiore a quella umana.

E forse neanche le notissime tre Leggi della Robotica di Isaac Asimov potranno garantirci. «Sono leggi basate sull’assunto che i robot e i computer sono deterministici e razionali, ma nel momento in cui si creano robot in grado di reggere una conversazione, con un essere umano o un altro robot, si introducono in esso dei livelli di giudizio e questo non può essere sottovalutato».

È ora di agire

Berners-Lee non vuole creare allarmismo, lo ripete più volte nell'intervento, ma si intuisce che vorrebbe si prendesse a livello globale una maggior coscienza su tematiche tutt’altro che banali e dei cui risvolti dovremmo iniziare a preoccuparci già oggi: «Molti ritengono che finché su robot e intelligenza artificiale ci sarà il controllo umano non ci saranno criticità, ma come possiamo essere certi che le imprese che avranno in mano la conoscenza di questi sistemi tecnologici o le compagnie che la utilizzeranno sapranno e vorranno fare ‘la cosa giusta’?

fonte: www.digital4.biz

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